Skiplagging, il trucco per viaggiare a basso costo che funziona sempre

Mai sentito parlare di “skiplagging”? Molti viaggiatori lo praticano, tutte le compagnie aeree lo temono. Ecco cos’è e perché è così controverso. 

Cosa non si fa per risparmiare? In tempi di vacche magre come quelli che purtroppo stiamo oggi vivendo, anche il viaggiatore che prende l’aereo (e dunque, almeno in teoria, non così indigente) si arrabatta per spendere il meno possibile.

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Lo “skiplagging” è un fenomeno diventato sempre più diffuso negli ultimi anni. (Ecodibasilicata.it)

Lo sanno bene le compagnia aeree, in molti casi impegnate in una vera e propria battaglia contro un fenomeno che rischia di mandarle in tilt: lo “skiplagging”. Se non sapete di cosa si tratta, ve lo spieghiamo.

Partiamo da un dato di fatto. Di recente, Simple Flying ha analizzato i prezzi dei biglietti aerei della United Airlines da Houston a Panama City. Mentre i voli diretti tra le due città partono da circa 1.200 dollari andata e ritorno, se si parte da Chicago e si aggiunge una fermata a Houston i prezzi possono scendere fino a 800 dollari.

Qualcuno ha notato la discrepanza e ha deciso di approfittarne. Il motivo è presto detto: il passeggero è incentivato ​​a prenotare il viaggio più lungo e semplicemente non usufruire della prima tratta del servizio.

Tutti i segreti dello skiplagging

Quello appena descritto è un esempio di un processo complesso noto come “skiplagging”, un fenomeno diventato sempre più diffuso negli ultimi anni. Tale pratica consente ai viaggiatori “furbetti” di spostarsi da un punto A a un punto B spendendo meno della tariffa standard.

Come? Il passeggero può prenotare un biglietto che lo porta dal punto A al punto C, con uno scalo al punto B. La destinazione effettiva del passeggero è il punto B e quando lo raggiunge lascia l’aeroporto, per cui ci sarà un posto vuoto (e un passeggero mancante all’appello) nella parte B-C del viaggio.

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Il viaggio aereo è un business competitivo e certe rotte sono più concorrenziali di altre. (Ecodibasilicata.it)

Va da sé che una simile strategia è fortemente disapprovata dalle compagnie aeree. Lo skiplagging non è praticabile (almeno in teoria) se il viaggiatore desidera viaggiare con il bagaglio registrato fino alla destinazione finale.

Ma dobbiamo tener presente che alle compagnie aeree non è consentito decollare con il bagaglio registrato da qualcuno non presente sul volo, per cui tale pratica può comportare gravi ritardi e disagi per tutti gli altri viaggiatori (e naturalmente per la compagnia stessa).

I vettori si difendono come possono. Su un itinerario di andata e ritorno, solitamente annullano i biglietti di ritorno se si rendono conto che il passeggero intestatario ha ritardato il viaggio. Tenendo conto dei costi del carburante e della manodopera, una tariffa più bassa su un viaggio più lungo sembra qualcosa di assurdo.

Tuttavia, ci sono alcune ragioni alla base di queste differenze di prezzo. Il viaggio aereo è un business competitivo e certe rotte sono più concorrenziali di altre. Se una compagnia aerea sa di gestire uno dei pochi servizi diretti verso una data città, addebiterà una tariffa più alta ai clienti che sono “costretti” a pagarla.

Inoltre, sapendo che i passeggeri preferiscono di gran lunga i voli diretti, le compagnie tendono ad abbasseranno le tariffe sugli itinerari “spezzati”, per competere meglio con la concorrenza. Morale: lo skyplagging danneggia le compagnie aeree sotto tutti i punti di vista (costi, logistica, copertura di mercato e così via).

Ma finora i viaggiatori più scaltri in un modo o nell’altro l’hanno spuntata, anche in sede di tribunale, con alcune sentenze emesse a loro favore. Ci sarebbe poi il discorso dell’opportunità sul piano etica di un comportamento del genere, ma questa è un’altra storia…