Prelievi del Fisco sul conto corrente. Attenti, perché accade davvero

Un brutto sogno è quello del conto corrente svuotato da qualcuno. Questa volta il sogno è reale. E ad intervenire è il Fisco.

Non sembrava possibile, per ora. Ma chi lo pensava era in errore. Perché il Fisco può farlo, evidentemente: pareggiare i conti per le vie brevi, entrando direttamente nei conti correnti. Vediamo perché è davvero possibile e a che condizioni.  L’Agenzia delle Entrate attraverso il proprio servizio di riscossione, ADER – quello che un tempo prendeva il nome di Equitalia – ha reso note le linee operative per i contribuenti che intendono rateizzare le cartelle esattoriali o altre pendenze con il Fisco.

prelievi dal Fisco come difendersi
Avere pendenze con il fisco non lascia tranquillo nessuno – Foto: ANSA – Ecodibasilicata.it

La modalità, se in un primo momento può apparire invasiva ed inquietante all’atto pratico mostra connotati ben più controversi di quanto potremmo pensare. Il sistema in realtà sembra pensato a misura del contribuente, attraverso un’esplicita richiesta dell’interessato.  Nella guida vengono indicati i modi per richiedere la rateazione delle cartelle con addebito delle singole rate sul conto corrente.

Fisco e domiciliazione bancaria, cosa accade davvero

Si tratta, in sostanza di attivazione della  domiciliazione bancaria, come accade per le utenze. Ma questa volta l’interlocutore è istituzionale, trattandosi del Fisco.  Sembra tutto semplice e lineare, e a vantaggio del contribuente in quanto la domiciliazione esclude, alla radice, la possibilità di scadenze mancate.

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Accordarsi con la banca può essere provvidenziale Foto: Ecodibasilicata.it

Tuttavia la dinamica  non è così semplice e limitata come si vorrebbe. In caso di autorizzazione all’addebito sul conto post attivazione del piano di rateazione, qualora risultassero rate scadute e non pagate dal contribuente, il Fisco provvederà a prelevare non solo la rata in scadenza dopo l’autorizzazione alla domiciliazione bancaria da parte del contribuente ma anche le rate scadute prima.

Come si procede, se vuoi evitare il Fisco in banca

Diciamo che il Fisco in banca è solo una delle eventualità. Infatti una volta richiesto all’ADER di pagare a rate, il contribuente ha diversi modi per adempiere. Il pagamento della singola rata può essere effettuato  presso gli sportelli di Agenzia delle Entrate; nell’area riservata agli adempimenti del sito di AdeR o sull’app, utilizzando i riferimenti presenti negli appositi moduli di pagamento pagoPA; il pagamento può essere attuato anche presso Poste, Banche, presso tabaccai, attraverso i servizi del circuito SISAL e Lottomatica utilizzando i moduli di pagamento pagoPA.
Infine il pagamento può essere effettuato mediante addebito diretto sul conto corrente del contribuente, la modalità di cui abbiamo appena pagato.

Quest’ultima modalità dovrà essere esplicitamente richiesta, proprio dal contribuente. Nella guida sulla rateazione delle cartelle viene specificato che il contribuente può comunicare il conto di addebito – ovvero i riferimenti del proprio conto corrente –  all’Agenzia delle Entrate attraverso il servizio “Attiva/revoca mandato SDD piani di rateizzazione”. Tale servizio è disponibile nella sezione “Rateizza il debito” dell’area riservata  alle imprese e ai privati. Per terminare l’operazione sarà necessario comunicare il proprio IBAN mediante un apposito modulo.

Fate (molta) attenzione all’avviso

A questo punto si deve prestare la dovuta attenzione ad un esplicito avviso. La prima rata che verrà addebitata sarà quella con scadenza decorsi 30 giorni dalla data di consegna del mandato; contestualmente, saranno addebitate, quindi fatte oggetto di prelievo diretto dal conto corrente a cui è stato consentito l’accesso  – con relativi interessi di mora – eventuali rate non ancora saldate. In altre parole il Fisco verificherà se ci sono rate scadute, in caso procederà al prelievo per il loro importo maggiorato dagli interessi.

Nei fatti, l’Agenzia delle Entrate entrerà nell’economia privata del contribuente attuando una riscossione forzata che potrà mettere in crisi il bilancio personale – e familiare – di colui che ha dato il proprio consenso all’accesso.  L’intervento risulterà particolarmente controverso qualora ci fosse un piano di rateazione ancora valido nonostante la presenza rate scadute. Una via d’uscita da questo paradosso sembra possibile con la riforma della Riscossione che ha inteso cambiare le regole di rateazione delle cartelle.

Tre le modifiche importanti c’è quella per debiti sotto o pari a 120.000 euro, qualora il contribuente dichiarasse  di “versare in temporanea situazione di obiettiva difficoltà”. In questo caso è previsto un progressivo aumento delle rate richiedibili: su richiesta la dilazione potrà essere concessa fino a 84 rate mensili per le richieste presentate per gli anni 2025 e 2026, a 96 per quelle presentate per gli anni 2027 e 2028, a 108 per le richieste presentate a decorrere dal 1° gennaio 2029.

Le rate irrimediabilmente scadute

Ad ogni modo la guida conferma i casi in cui il piano di rateazione deve considerarsi decaduto. E anche qui è necessaria la massima attenzione. Per le rateizzazioni concesse prima dell’8 marzo 2020, la decadenza si realizza con il mancato pagamento di 18 rate anche non consecutive; per le rateizzazioni concesse dopo l’8 marzo 2020 e richieste fino al 31 dicembre 2021, la decadenza si concretizza con il mancato pagamento di 10 rate anche non consecutive ; per le rateizzazioni concesse dopo il 1° gennaio 2022, la decadenza si realizza con il mancato pagamento di 5 rate anche non consecutive. Infine per le rateizzazioni presentate con decorrenza 16 luglio 2022, la decadenza si realizza al mancato pagamento di 8 rate anche non consecutive.

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