Scopri come salvaguardare la tua pensione: le strategie legali per neutralizzare contributi penalizzanti e ottenere un assegno più vantaggioso.
Pianificare la propria pensione è una sfida complessa, resa ancor più intricata dalle mutevoli leggi e normative. I fattori che influenzano l’importo dell’assegno previdenziale sono molteplici, tra cui i contributi versati nel corso della carriera lavorativa, alcuni dei quali possono penalizzare l’importo finale, come i contributi figurativi.
Per fortuna, c’è un’opzione per chiedere un riesame più vantaggioso di alcune pensioni, come quelle di vecchiaia o anticipata. Può accadere che diversi lavoratori abbiano affrontato una delusione amara negli anni prima della pensione: invece di beneficiare di un aumento, si sono trovati di fronte a una riduzione dello stipendio o addirittura al licenziamento, con conseguente assegno di disoccupazione.
Il colpo basso, però, può estendersi fino alla pensione, soprattutto se calcolata con il sistema retributivo. In pratica, il sistema tiene conto degli stipendi degli ultimi 5 o 10 anni, e se in questo periodo si sono verificate situazioni di crisi lavorativa, l’assegno pensionistico potrebbe essere drasticamente ridotto. Tuttavia, c’è una via d’uscita per evitare questo paradosso.
In alcuni casi, l’assegno previdenziale viene calcolato tramite il sistema contributivo, e qui il problema non si pone. Ma la novità interessante è che anche per coloro che hanno optato per un sistema misto o interamente contributivo, esiste la possibilità di neutralizzare periodi non necessari per il raggiungimento del diritto a pensione.
Come sterilizzare i contributi penalizzanti
Ecco la buona notizia: la giurisprudenza ha riconosciuto ai lavoratori, compresi quelli autonomi, il potere di “sterilizzare” quei contributi penalizzanti. L’unico vincolo è che questa operazione deve avvenire dopo aver maturato il requisito contributivo per la pensione di vecchiaia o anticipata.
La sterilizzazione riguarda principalmente periodi di rioccupazione con retribuzione inferiore o disoccupazione indennizzata, con una finestra temporale di massimo 260 settimane prima della decorrenza della pensione. Ma attenzione, questa mossa può essere efficace solo se i contributi neutralizzati non sono indispensabili per il raggiungimento del requisito minimo di pensione.
In pratica, si tratta di “neutralizzare” quei contributi che potrebbero danneggiare il calcolo dell’assegno. Questi contributi figurativi possono derivare da diverse situazioni, come cassa integrazione, mobilità, assistenza antitubercolare, e altri ancora.
La buona notizia continua: la disoccupazione è neutralizzabile in alcuni casi specifici, come indennità di disoccupazione ordinaria, ASpI, mini-ASpI e NASpI. E se questi contributi sono solo parzialmente necessari per il diritto a pensione, si possono neutralizzare solo nella misura che supera il computo necessario.
A tutto questo si aggiunge un quadro normativo ben definito, con riferimenti legali che vanno dall’articolo 37 del Dpr 818/1957 alle leggi 233/1990 e 335/1995, passando per frasi importanti come la 82/2017 della Corte Costituzionale. Inoltre, il Messaggio INPS 883/2022 e la circolare 66/2023 forniscono le ultime linee guida in materia di neutralizzazione dei contributi. Insomma, c’è speranza per coloro che vogliono preservare il giusto merito della propria pensione, anche dopo periodi difficili sul fronte lavorativo.