Volto noto della televisione, Mauro Corona racconta la sua esperienza drammatica in cui ha rischiato la vita. Ecco cosa è successo.
Scrittore, scultore e noto alpinista, Mauro Corona è un personaggio dalle mille sfaccettature, volto noto di molti programmi politici e talk show. Nel 1963, all’età di tredici anni, il futuro alpinista compie la prima impresa scalando il Monte Duranno. Cinque anni dopo, nel 1968, Corona apre il primo tragitto sulla cosiddetta Palazza. Il giovane alpinista cresce coltivando anche l’amore per la lettura e la scrittura, grazie alla collezione di libri posseduta dalla madre.
Durante gli anni Settanta, Mauro Corona inizia a lavorare come scultore e viene notato da Renato Gaiotti, uomo d’affari di Sacile, il quale intravede dalla finestra alcune delle opere dello scultore e le compra tutte. Durante i primi anni di lavoro, Corona riesce a collaborare e fare esperienza nello studio del maestro Augusto Murer, grande artista veneto, pittore e scultore, con cui stringe anche un sincero rapporto di amicizia e di stima professionale.
Durante gli anni Ottanta, Corona alterna l’alpinismo con la sua professione di scultore, continuando a scrivere storie. Nel 1997, difatti, pubblica Il volo della martora, il suo primo libro per la casa editrice Mondadori. Seguono altri libri come Le voci del bosco, Gocce di resina e La montagna. Con la pubblicazione dei suoi testi, Mauro Corona raggiunge la notorietà nell’ambiente letterario e inizia a diventare una presenza assidua all’interno dei programmi televisivi di attualità e politica.
Mauro Corona: il racconto drammatico dello scrittore
Durante la sua infanzia, lo scrittore frequenta la scuola elementare di Erto e le medie a Longarone, località nei pressi della diga del Vajont. Il 9 ottobre del 1963 la diga crolla e la cittadina di Corona, come molte altre, viene completamente rasa al suolo. Il giovane Corona riesce a salvarsi e si trasferisce al Collegio Don Bosco di Pordenone. Questo tragico avvenimento segna per sempre l’infanzia e i ricordi dell’artista.
All’epoca tredicenne, Mauro Corona racconta con commozione e terrore il momento della rottura della diga, preceduta dal frastuono assordante del terremoto del Vajont. Corona e la sua famiglia sopravvivono grazie alla protezione del monte Borgà che devia l’acqua risparmiando il loro centro abitato. Il dramma del Vajont ha lasciato una memoria ricca di ricordi di una patria perduta ma, mai dimenticata.