Col nuovo anno il governo ha deciso di allentare la pressione sugli omessi e ritardati pagamenti dei contributi. Come sono cambiate le regole fiscali.
Come avviene una volta inaugurato il nuovo anno, la legge di bilancio entrante in vigore riflette la condotta economica tenuta dal Paese nel corso del precedente anno. Fatta questa premessa, è dunque più facile interpretare le novità che l’odierna manovra, varata dal 1° gennaio, ha introdotto per i 12 mesi a venire.
La complessità che ha caratterizzato le vicende economiche ha prodotto provvedimenti non sempre ben accetti, ma la priorità è il buono stato di salute delle casse statali. Proprio queste ultime hanno portato sulle loro spalle la poderosa erogazione di somme extra sugli importi previdenziali scaturite dall’adeguamento ISTAT del 2023, caratterizzatosi per l’indice di riferimento dell’inflazione approdato all’11%.
Sebbene l’ultimo trimestre abbia chiuso con un sostanziale dimezzamento dell’indice al consumo, la prossima rivalutazione richiede un’urgente riserva finanziaria a beneficio del buon servizio dell’INPS.
In prima battuta, è balzato immediatamente agli occhi degli analisti l’incremento di diverse imposte e tasse, nonché il netto ridimensionamento di agevolazioni e contributi come i bonus fiscali; parallelamente è giunta la conferma di vari aiuti economici già attivi. Non bisognerà attendere molto per assistere al lancio di una nuova campagna di sanatorie, legate essenzialmente ai ritardatari e agli elusori dei debiti fiscali, ma non solo.
Qualche strategica smussatura è arrivata dalla Riforma fiscale che ha regolato le scadenze sugli incassi delle tasse da parte di soggetti con partiva iva e senza, omologando le date ultime di pagamento. Già dall’ultima rottamazione fiscale, sono state definite misure agevolatorie non secondarie, capaci di accomodare anche i ritardatari più recidivi (almeno per i debiti oltre i mille e fino a 3mila euro). Oltre al Fisco, anche dall’INPS giungono segnali di distensione.
Finalmente c’è la svolta INPS:
Una delle spade di Damocle per i contribuenti che ritardano od omettono il pagamento e poi si redimono tramite il ravvedimento operoso, o col pagamento della cartella esattoriale, è rappresentata dagli interessi legali. Tramite il decreto approvato lo scorso 13 dicembre, il Ministero dell’Economia porta al ribasso la percentuale del saggio di tali interessi. Si attesta al 2,5% la misura applicata su: calcolo del ravvedimento operoso; rapporti creditori/debitori; calcolo dell’usufrutto vitalizio, pensioni vitalizie e rendite; omesso/ritardato pagamento; interessi nei pagamenti rateali.
Per fare un confronto, nel periodo 1 gennaio – 31 dicembre 2023, il tasso apparso nella tabella era pari al 5%. La misura così dimezzata verrà applicata nei casi in cui si registrano reali incertezze nei contrasti tra gli orientamenti giurisprudenziali e amministrativi, circa la sussistenza dell’obbligo contributivo; in caso di fatti dolosi di terzi, rilevati dall’autorità giudiziaria; in caso di crisi, ristrutturazione o riconversione di un’azienda a rilevanza sociale ed economica del settore. La misura decorre sui contributi con scadenza di pagamento dal 1° gennaio 2023, e su pensioni e TFR erogati dal 1° gennaio 2024.
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