Quando c’è un divorzio in vista, diventa prioritaria anche la difesa dei beni: ecco come difendere il proprio.
Tutte le volte che si rompe un matrimonio ci sono inevitabili ripercussioni sul patrimonio dei coniugi. La legge italiana prevede che, in caso di divorzio, i beni condivisi dalla coppia vadano divisi o ridistribuiti, ponendo la giusta attenzione ai figli con un assegno di mantenimento o concessioni utili a conservare lo status economico di partenza. Oltre a questo, poi, ci sono tutte le questioni relative alla conservazione del patrimonio e della casa, che dipendono dal regime scelto al momento del matrimonio.
Per tutelarsi, e per difendere i propri beni in caso di divorzio, la scelta migliore è sempre la separazione dei beni. Ma cosa succede se si è scelto di non optare per questa soluzione? E come fa un ex coniuge a difendere il proprio laddove il matrimonio sia stato basato sulla comunione dei beni?
Oltre a questa ardua decisione, c’è anche un altro problema con cui fare i conti. Per legge, attraverso l’istituto del matrimonio, tutti i beni acquistati dopo le nozze, con poche eccezioni, cadranno in comunione. In ogni caso è fondamentale poter godere di un patto prematrimoniale. Senza questo accordo, diventa ogni volta più complicato disciplinare la divisione dei beni in caso di divorzio.
Come proteggere i propri beni in caso di divorzio
Qualora si dovesse optare per un patto prematrimoniale, però, è bene sapere che anche questo – in caso di divorzio – potrebbe non bastare. Gli avvocati di una delle parti potrebbero infatti contestarne la validità e l’applicabilità generale o particolare. Dato che con la separazione dei coniugi decade anche il regime della comunione dei beni, tutto quello che è in possesso dell’uno o dell’altro dovrebbero essere divisi in parti uguali, inclusi i debiti.
Ci sono poi i beni indivisibili. Per esempio una casa: difficile spaccarla a metà. In questo caso, i beni potrebbero essere oggetto di vendita, per poter dividere equamente il ricavato. Anche con il regime della separazione dei beni le controversie sono tante. Gli ex coniugi litigano per stabilire il valore dell’assegno di mantenimento (la legge dice che il coniuge con il reddito più elevato deve pagare un assegno di mantenimento, a meno che l’altro non sia giovane e formato da poter trovare un’occupazione).
Di solito, poi la casa coniugale è affidata al genitore con cui vivranno i figli, anche se non ne è il proprietario. La legge dice chiaramente che il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli. In presenza di mutuo sulla casa coniugale, alla banca interessa poco chi ha ottenuto il diritto di abitazione: pretenderà i soldi sempre da chi con cui ha stipulato il contratto.
Soluzioni alternative alla divisione dei beni
In molti casi può essere utile trasferire direttamente tutti i beni immobili e i diritti ai figli, e non, quindi, al coniuge. La legge lo permette. E in questo modo è anche possibile evitare di dover ricorrere al notaio, dato che i figli sono eredi legittimi. Tutti i trasferimenti, poi, sarebbero vantaggiosi a livello fiscale. E se non si tratta di case ma di strumenti finanziari, come per esempio azioni o titoli di stato, ci vuole per forza un notaio.
Se il trasferimento riguarda soldi liquidi, bisogna per forza rispettare le norme antiriciclaggio e dichiarare il tutto. Un’altra soluzione intelligente è il trust. Si tratta di un istituto giuridico con cui i beni di un patrimonio sono separati e destinati, per perseguire specifici interessi, in favore di alcuni beneficiari oppure per raggiungere uno scopo determinato.
In questo modo si possono trasferire i beni a un soggetto ma solo a patto che li utilizzi a vantaggio di un terzo beneficiario o per perseguire uno scopo espresso. La separazione patrimoniale consente l’istituto del trust. Per la comunione è impossibile.