I consumatori hanno spesso un rapporto un po’ settario con il concetto di data di scadenza del cibo: scattato il limite buttano tutto.
La data di scadenza degli alimenti è un valore assoluto da rispettare rigidamente? Di certo, si tratta di un indicatore importante, rivelato proprio per garantire la sicurezza di ciò che si mangia. Sono in gioco la qualità e la commestibilità. Bisogna però tenere in considerazione alcuni aspetti che rendono questa data un riferimento da valutare in modo più o meno rigido. La flessibilità rispetto al parametro indicato sulla confezione di un prodotto non è sempre indice di superficialità.
Per data di scadenza si indica il limite temporale oltre cui un prodotto potrebbe non essere più sicuro da usare o consumare. In pratica, passata questa data, il cibo potrebbe deteriorarsi oppure sviluppare batteri nocivi. Ecco perché è quasi sempre meglio rispettarla rigorosamente. Va detto che non tutti i prodotto presentano una simile data impressa in confezione.
Certe date che compaiono sulle confezioni dei prodotti, quindi, non rappresentano dei veri e propri limiti invalicabili, oltre i quali interviene un rischio per la salute. I riferimenti indicano solamente una data consigliata di consumo. E una cosa è un obbligo un’altra un consiglio.
Infatti c’è differenza fra scadenza assoluta e data di consumo preferibile (il “da consumarsi preferibilmente entro il…”). In molti prodotti, la data indicata suggerisce solo quando il prodotto è al massimo della freschezza e della qualità. E dopo questa data, il cibo può ancora essere consumato, perché è ancora sicuro da mangiare.
Bisogna fare attenzione soprattutto ai metodi di conservazione. I prodotti da frigo, quelli freschi (come frutta e verdura) e quelli già aperti vanno trattati con meno flessibilità. Quelli conservati correttamente, per esempio in freezer (se surgelati), e quelli da dispensa possono essere consumati in tutta sicurezza assai oltre la data di scadenza. Bisogna quindi usare un po’ di buon senso e rispettare i consigli di corretta conservazione.
Daniele Paci è un agronomo che si occupa di rischi alimentari e di analisi della qualità delle materie prime che si usano a tavola. Oltre a essere assai attivo sui social, è apparso diverse volte in programmi televisivi come Buono a Sapersi e La Prova del Cuoco. In simili ospitare ha offerto al pubblico consigli su ingredienti e prodotti tipici e, soprattutto, su come fare la spesa.
In un video pubblicato su TikTok e su Instagram, Paci ha di recente trattato il controverso argomento della data di scadenza dei prodotti alimentari. In particolare, ha parlato dei prodotti alimentari non da frigo, come pane, uova, pasta, marmellata, biscotti, acqua e bevande confezionate in bottiglia.
Paci afferma che la data visibile in confezione non è una vera e propria data di scadenza ma un TMC, ovvero un tempo minimo di conservazione. Tale riferimento indica il limite entro cui il prodotto conserva il massimo della sua qualità, superato il quale non smette di essere commestibile. E sul sito del Ministero della Salute ci sono delle schede per vari prodotti in cui si indicano i tempi di conservazione ulteriore dopo il TMC, che possono andare dai tre ai dodici mesi.
Buttare il cibo in concomitanza della data di scadenza non è sempre una buona idea. L’agronomo Paci consiglia, entro i termini ulteriori standard di conservazione, la valutazione visiva e olfattiva. Prima di consumare un alimento oltre la data di scadenza, bisogna verificare il suo aspetto e il odore.
Se sembra strano o ha un odore sgradevole, è meglio evitarlo. Stessa cosa se ha sviluppato muffe o ha cambiato consistenza. Bisogna invece fare attenzione quando c’è scritto proprio “data di scadenza”: in quel caso è importante non consumare il prodotto dopo che il limite è stato superato.
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