Quando lo sport si fa politico: ecco tutto quello da sapere sul kickingball, il nuovo sport sudamericano per sole donne
Quante volte abbiamo sentito la frase “questo non è roba da femmine”? Una discriminante tanto sessista quanto retrograda che torna perfettamente uguale a sé stessa da troppo tempo, nei campi e nelle situazioni più disparate. In primis, nello sport. È come se, differenze fisiologiche a parte, le discipline sportive segnassero uno spartiacque tra uomini e donne, le quali, semmai vengono relegate a campionati “di serie B”, come se si trattasse di una banale copia di quello che riescono a fare i loro colleghi maschi.
Bene, oggi sfatiamo questo mito sessista dello sport, con una disciplina che, dal cuore dell’America Latina, precisamente dal Venezuela, sta prendendo piede come un’esclusiva riservata alle donne, che scendono in campo non sono da grandi atlete, ma anche da appassionate rivendicatrici del loro spazio sociale. Stiamo parlando del kickingball, una sorta di fusione tra il baseball americano e il calcio, in cui due squadre composte ognuna da 10 giocatrici si sfidano per la vittoria, segnando punti con una palla, da un lato del campo all’altro.
Iniziato per gioco, come una sorta di raduno per i rifugiati venezuelani che abbandonavano il loro Paese a causa della povertà o della pressante politica locale, il kickingball si è diffuso prima in tutta l’America Latina, per poi estradare anche negli Stati Uniti, guadagnando sempre più popolarità. Tanto che oggi si contano diversi campionati professionistici e squadre agonistiche pronte a sfidarsi per il riconoscimento nazionale. Ma scopriamo tutti i dettagli di questo sport “per sole donne”.
Ma da dove nasce il kickingball, uno degli sport più diffusi nel Venezuela? Con molta probabilità, questa disciplina nasce come una sorta di rivisitazione del kickball di origine americana, molto praticato durante la seconda guerra mondiale dai soldati. Si tratta di un gioco simile al baseball, che si serve di un campo da gioco in cui colui che ha il ruolo del lanciatore, lancia una palla di gomma più o meno rasoterra verso l’area di battuta, dove il battitore la calcerà per poi correre verso la prima base: se la palla viene intercettata da un giocatore avversario, il battitore è eliminato. Insomma, un vero e proprio “baseball con i piedi”.
La disciplina è stata poi introdotta in Venezuela nel 1965 dall’insegnante Charito Ramírez, sebbene con il tempo abbia subito alcune variazioni, dovute alle influenze locali, trasformandosi in quello che oggi è noto come kickingball. Le regole alla base sono pressoché le stesse: è un gioco praticato tra due squadre, ciascuna composta da dieci giocatrici. L’obiettivo principale è segnare più punti possibile e prevenire che l’altra squadra faccia altrettanto. Alla fine della partita, la squadra con il punteggio più alto vince, sotto la supervisione di uno o più arbitri insieme a un classificatore ufficiale. Le regole specifiche e le dinamiche di gioco possono variare, ma l’essenza del kickingball rimane la competizione tra due squadre, cercando di ottenere la vittoria attraverso abilità di gioco, strategia e cooperazione di squadra.
Negli anni ’80, in Venezuela il kickingball aveva raggiunto un livello di popolarità così elevato da dare origine a una federazione dedicata e a diversi tornei nazionali. Il gioco era diventato tanto praticato da essere diventato una presenza consolidata nelle attività scolastiche e nelle università di tutto il paese. Poi, sono iniziate le migrazioni di moltissimi venezuelani all’estero, spinti dalla povertà e dal sempre più inasprirsi della politica interna. Un esodo di donne e uomini che, però, avevano il bisogno di sentirsi a casa anche lontano da casa. Ritrovarsi in una comunità identitaria anche fuori dal Venezuela. Ed è stata proprio la forza del kickingball a riunire decine di donne venezuelane nei parchi delle città straniere, spingendole a formare una piccola squadra tra connazionali per aiutarsi e supportarsi nella loro condizione, spesso marginale, di immigrate.
Da questo “bisogno di Venezuela”, nel 2019 Diana Martínez, Anyelin Calderón, Rona Montesino e Maygle Hernández ebbero un piccolo lampo di genio: istituire un campionato di kickingball in Argentina, proprio per il desiderio di “riconnettersi con le proprie radici”. Si trattava di un messaggio importante, che metteva insieme necessità di inclusione delle immigrate venezuelane e di percepire ancora il senso di identità nazionale, anche fuori dai confini della loro patria natia.
Spinte dalla loro comune passione per il kickingball, queste coraggiose donne venezuelane hanno lanciato una campagna pubblicitaria sui social media, inizialmente aspettandosi la partecipazione di poche connazionali, per poi rimanere stupite e piacevolmente sorprese di essere riuscite invece ad attirare una folla entusiasta. Attualmente, in Argentina sono all’attivo nove squadre e le partite domenicali nel parco attirano folle vivaci. Ormai, i partecipanti a questi raduni improvvisati hanno anche allestito delle bancarelle che offrono cibo e bevande venezuelane, come la chicha (una bevanda a base di riso), le arepas (torte di mais) e le empanadas.
Oltre alla dimensione sportiva, il kickingball argentino ha assunto anche un ruolo sociale significativo. Alcuni giocatori delle squadre più conosciute del Paese fanno parte della comunità LGBTQ+, che trova riscatto nello sport nazionale dopo avere affrontato discriminazioni proprio nel loro paese d’origine. Infatti, in Venezuela, dove il matrimonio tra persone dello stesso sesso è ancora illegale e le leggi contro la discriminazione sono raramente applicate, la società è spesso sessista e chiusa nei confronti della comunità LGBTQ+. Per questo motivo, il kickingball sta piano piano diventando lo sport simbolo dell’inclusione, in risposta ai regimi oppressivi come quello attivo in Venezuela: sul campo da gioco a nessuno interessa l’orientamento sessuale dell’altro, non si viene discriminati, ma si compete in totale libertà.
Da uno spirito d’iniziativa tanto semplice quanto forte, è nato un vero e proprio fenomeno sportivo e sociale. Alla fine dello scorso ottobre, i migliori giocatori hanno avuto l’opportunità di partecipare a un torneo in Colombia organizzato dalla Federazione Internazionale di Kickingball, fondata nel 2020 con 16 paesi membri, un ulteriore passo avanti nella promozione del gioco a livello internazionale.
Gradualmente, un numero crescente di donne di diverse nazionalità si sta appassionando al kickingball, trasformandolo in un potente strumento di integrazione. Proprio di recente, in Argentina si sta preparando un’amichevole in vista di un imminente campionato di kickingball locale: un momento che, nonostante la condivisione di valori come il rispetto, l’amicizia e il lavoro di squadra, non manca di alimentare la rivalità competitiva tra le donne in squadra.
Ma, rivalità competitive a parte, tutte le atlete di kicking ball stanno cercando di imporsi nella scena sportiva nazionale e internazionale per riuscire finalmente ad avere uno spazio riconosciuto in cui praticare questo sport, a dimostrazione di come una disciplina di tal tipo possa incentivare l’ingresso attivo delle donne nelle società. Questa richiesta sottolinea la necessità di creare opportunità e supportare l’empowerment femminile attraverso l’accesso a spazi adeguati per la pratica di questo sport straordinario
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