Come ci si saluta nel mondo? Il modo di dire ciao non è uguale dappertutto. Ne esistono di diversi nel mond. Vediamo i più curiosi.
Il momento del saluto è allo stesso tempo semplice e complesso. Semplice perché dura pochi istanti e non è legato a grandi cerimonie. Complesso perché, di contro, dice molte cose di noi. Si tratta, quindi, di un momento molto importante in ambito sociale. Inoltre, non dobbiamo commettere l’errore di pensare che in ogni parte del mondo si saluti allo stesso modo. Culture diverse significano spesso linguaggi diversi, sia nel parlato sia nella gestualità. Il saluto rientra in questa casistica: in giro per il mondo esistono numerosi modi di salutare qualcuno, alcuni dei quali sono molto curiosi. Vediamoli insieme.
Partendo da ciò che più ci è famigliare, in Europa le differenze non sono così marcate. Ovunque il classico ciao a mano aperta, la stretta di mano o il bacio sulla guancia sono accettati. Certo, nei Paesi meridionali solitamente è maggiore il contatto fisico, ma si tratta più che altro di sfumature. Alcune differenze, comunque, ci sono. In Italia, per esempio, è diffuso dare due baci sulle guance quando si incontra una persona conosciuta. In altri Paesi, invece, non è così. In Francia, per esempio, è molto più comune darne tre. La stessa cosa accade anche in Ucraina, Serbia, Belgio e Paesi Bassi.
I saluti più curiosi emergono, chiaramente, in contesti culturali differenti rispetto al nostro. Un esempio, tanto per cominciare, è la Nuova Zelanda. Lì il saluto Maori è particolare: si fa appoggiando la fronte e il naso sulla fronte e sul naso dell’altra persona. Il motivo? In questo modo si condivide il respiro, che è l’anima.
Proseguendo nel nostro giro del mondo dei saluti, uno dei più noti viene dal Giappone, dove il contatto fisico non è particolarmente apprezzato. Pertanto, il saluto più comune è il rei, vale a dire l’inchino. Un’usanza così diffusa che ha un vero e proprio codice, che varia in base al contesto. Maggiore è l’inclinazione dell’inchino maggiore sarà l’importanza dell’interlocutore. C’è quindi chi si inchina, ma anche chi salta. Stiamo parlando dei Masai. Il popolo africano ha una danza del benvenuto che si chiama adamu e prevede, appunto, dei salti, da fare il più in alto possibile.
Tornando, invece, al mondo asiatico, si nota come il contatto non faccia generalmente parte della cultura. Nelle Filippine, per esempio, si salutano le persone più anziane con una sorta di baciamano. La mano, però, non viene baciata, ma apoggiata sulla fronte. In India il namastè è accompagnato solitamente dalle mani che si uniscono all’altezza del petto, mentre in Thailandia si saluta con il wai, che si fa congiungendo le mani all’altezza del petto, del mento o della fronte. Molto curioso, infine, il saluto del Tibet. Nello Stato è frequente utilizzare una linguaccia, in segno di rispetto o per dire di essere d’accordo con una persona. Come mai? In passato si faceva per mostrare di non essere la reincarnazione di un malvagio sovrano del nono secolo, Lang Darma, noto per la sua lingua nera.
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