L’opposizione chiedono la testa dell’esponente di Fratelli d’Italia, dopo il rinvio a giudizio per rivelazioni di segreto d’ufficio per la vicenda dell’anarchico Alfredo Cospito. Ma lui tira dritto. Dagli inizi degli anni Duemila sono oltre 30 i ministri che hanno rassegnato le dimissioni, da Roberto Calderoli a Federica Guidi
Dopo il rinvio a giudizio del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro per rivelazione del segreto d’ufficio in relazione al caso dell’anarchico Alfredo Cospito, le opposizioni invocano a gran voce le sue dimissioni. Ma lui a fare un passo indietro non pensa proprio, complice la blindatura di Fratelli d’Italia, che gli ha fatto quadrato attorno. E si difende: “Sono pronto a dimostrare la mia innocenza. Non ho dato le carte a Donzelli. Ho risposto a un domanda, non mi potevo trincerare dietro una segretezza che non c’era“, ha detto intervistato dalla trasmissione Stasera Italia su Rete 4 a proposito del collega di partito e coinquilino, a cui nei mesi scorsi ha rivelato il contenuto di una relazione della polizia penitenziaria sulle conversazioni tra l’anarchico al 41-bis e alcuni boss mafiosi, compagni di reparto nel penitenziario di Sassari.
Il sottosegretario, che ha la delega delle carceri, esclude di aver violato il segreto. “Sono straordinariamente fiero di non aver tenuto sotto segreto un fatto di gravità inaudita, cioè che terroristi anarchici in combutta con criminali mafiosi tentassero di fare un attacco concentrico” al regime di carcere duro. E non si pente. “Lo rifarei domani mattina, italiani hanno diritto di sapere”.
Ma le opposizioni chiedono la testa di Delmastro. “Il suo comportamento e quello del suo collega di partito Donzelli sono stati inqualificabili e per questo il M5s ha chiesto subito le dimissioni da sottosegretario per Delmastro e da componente del Copasir per Donzelli”, dicono le capogruppo del Movimento 5 stelle nelle commissioni Giustizia di Camera e Senato, Valentina D’Orso e Ada Lopreiato.
In questa vicenda, chi ne esce malissimo è il ministro della Giustizia Nordio, che ha costantemente difeso Delmastro e Donzelli”, osserva il deputato di Allenza Verdi e Sinistra Angelo Bonelli, secondo cui la difesa da parte del Guardasigilli è “gravissima” perché “basata su motivazioni politiche”. A questo punto, è la conclusione, “per rispetto delle istituzioni, Delmastro dovrebbe dimettersi, e ritengo che Donzelli debba rendere conto del suo comportamento, considerando la divulgazione dei verbali segreti”.
Dal Partito democratico, la deputata Debora Serracchiani invoca un passo indietro del sottosegretario perché “è evidentemente inadeguato a ricoprire il ruolo che ha”. Proprio l’esponente del Pd – insieme ai colleghi Andrea Orlando, Silvio Lai e Walter Verini – è stata chiamata in causa per la visita al carcere di Sassari da Donzelli, che in aula ha accusati i quattro parlamentari di essere “collusi con la mafia” perché erano andati in carcere a far visita a Cospito. Affermazioni “diffamatorie”, denuncia la capogruppo Pd Chiara Braga. Alla Camera intanto il Pd ha chiesto di inserire nel calendario dei lavori dell’Aula l’esame di una mozione di sfiducia per il sottosegretario alla Giustizia. “Vorremmo anche capire perché sia stato difeso da autorevoli esponenti del governo come il ministro Nordio”, ha detto Braga.
In Italia, si dice, le dimissioni non sono una pratica in voga, a differenza di altri Paesi oltre confine. Se restringe il campo ai membri del governo, si scopre che il numero dei ministri che negli ultimi vent’anni hanno fatto un passo indietro sono oltre trenta. A tenere la contabilità ha pensato Pagella Politica, che dal 2001 a oggi stima 32 dimissioni, il 12% del totale, per ragioni politiche e giudiziarie.
Tra tutti gli esecutivi che si sono succeduti a Palazzo Chigi, quello che ha totalizzato più defezioni è il secondo governo Berlusconi, con ben otto ministri estromessi tra il 2001 e il 2006. Un primato dovuto anche alla durata del governo, il più longevo della storia repubblica. A seguire, con sei ministri estromessi, un altro esecutivo guidato dal fondatore di Forza Italia, il quarto (2008-2011). Al terzo posto il governo Renzi, che tra il 2014 e il 2016 ha perso quattro componenti.
Tra i casi che più hanno fatto rumore, si ricorda quello del ministro per le Riforme istituzionali Roberto Calderoli, costretto a dimettersi nel febbraio del 2006 dopo aver mostrato nel corso di un’intervista al Tg1 una maglietta con vignette satiriche contro Maometto. Un caso dilago oltre confine, con il consolato italiano a Bengasi preso d’assalto dalle proteste, finite con l’uccisione di 11 manifestanti per mano della polizia libica.
Nel 2008 hanno provocato la caduta del governo Prodi le dimissioni del ministro della Giustizia Clemente Mastella, accusato di concorso esterno in associazione a delinquere dalla procura di Santa Maria Capua Vetere.
Di tutt’altro genere il passo indietro della ministra dello Sviluppo economico del governo Renzi Federica Guida, che nel 2016 è stata costretta a dimettersi dopo le intercettazioni finite sui giornali in cui garantiva la compagno imprenditore il via libera a un emendamento alla legge di Stabilità sul che sbloccava la costruzione dell’impianto petrolchimico di Tempa Rossa, in Basilicata. Ad avere vasta eco mediatica però erano stati soprattutto i passaggi privi di rilievo penale, in testa la famosa frase “mi tratti come una sguattera del Guatemala”.
Per molti che fanno un passo indietro, altrettanti non demordono e tirano dritto. È il caso, ultimo in ordine di tempo, del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, di cui le opposizioni chiedono le dimissioni per la vicenda del treno Frecciarossa fermato “su richiesta” dell’esponente di Fratelli d’Italia per arrivare in orario a Caivano, dove era atteso per inaugurare nuovo parco cittadino nel comune vicino Napoli. “Ho ritenuto di chiedere una fermata straordinaria senza la pretesa di un trattamento di favore”, si è difeso. “Tutti i passeggeri hanno avuto la possibilità di scendere a Ciampino”.
Da mesi poi tiene banco il caso di un’altra collega di partito, la ministra de Turismo Daniela Santanché, indagata per presunte irregolarità nella gestione delle sue società. Anche lei resiste e va avanti. Lo scorso luglio l’Aula del Senato ha respinto la mozione di sfiducia individuale presentata dal Movimento 5 stelle che chiedeva le dimissione dell’esponente di FdI.
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