Dal primo gennaio 2024 fino al 31 dicembre sono previsti degli aumenti in busta paga, ma non saranno sempre uguali: ecco le ragioni spiegate dall’Inps
Una delle novità più importanti inserite nella legge di bilancio approvata il 30 dicembre dal Parlamento riguarda il taglio del cuneo fiscale. La misura finanziaria, fortemente voluta da Forza Italia e non solo, non è altro che una riproposizione di una scelta che il governo di Giorgia Meloni aveva già preso l’anno scorso, ma prorogato di un altro anno.
Dal primo gennaio del 2024 fino al 31 dicembre, tutti i lavoratori dipendenti (o almeno una buona parte di questi) vedranno le loro buste paga un po’ più gonfie, ma non tutti i mesi potrebbero ricevere lo stesso importo.
A spiegare le ragioni di queste variazioni ci ha pensato l’Inps con una circolare che indica di fatto i parametri di questi aumenti, al netto della tredicesima (e della quattordicesima) che invece non fanno parte della contribuzione così come voluta dai legislatori: “la retribuzione da considerare quale parametro di riferimento, ai fini della verifica del rispetto delle soglie reddituali di 2.692 euro (per la riduzione di 6 punti percentuali) e di 1.923 euro (per la riduzione di 7 punti percentuali), è la retribuzione imponibile ai fini previdenziali, senza che debba essere considerato il rateo di tredicesima erogato mensilmente o in un’unica soluzione“, si legge nel sito dell’ente previdenziale. Vediamo insieme cosa significa.
L’aumento dell’importo in busta paga, dovuto al taglio del cuneo fiscale, non è altro che un’agevolazione con cui si esonerano i lavoratori dipendenti dal pagamento dei contributi IVS, ovvero quelli di infortuni e vecchiaia per i lavoratori subordinati.
Considerato che non tutti percepiscono lo stesso stipendio, l’Inps ha chiarito che chi ha una retribuzione imponibile, quindi lorda, che arriva fino a 2.962 euro su base mensile riceverà uno sconto nel pagamento dei contributi sopra menzionati del 6%.
In pratica, se prima venivano trattenuto il 9,19% dello stipendio, adesso la quota si riduce al 3,19%. Per chi, invece, percepisce fino a 1.923 euro al mese, la riduzione è del 7%, con le somme dovute che ipoteticamente potrebbe arrivare al 2,19%.
La variazione dipende dunque dall’importo lordo per ogni singola mensilità. Un esempio pratico: un lavoratore dipendente a gennaio può percepire 1.925 euro e avere una riduzione solo del 6%, ma a febbraio può attestarsi sui 1.876 euro e averla del 7%, e così via. Non avrà nessuno sconto, ancora, chi supererà la soglia dei 2.962 euro. Se poi hai qualsiasi tipo di dubbio chiedi al tuo datore di lavoro o al caf che ti può spiegare in modo semplice l’importo che percepisci.
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