Una vicenda a dir poco incredibile ha come protagonista un uomo: ci sono voluti 9 anni per l’assoluzione. Il tentato furto di 1,10 euro gli è costato tantissimo. La storia dell’uomo è un cammino pieno di insidie e grandi ostacoli: ecco i dettagli.
Nove anni per concludere una vicenda che ha dell’incredibile. Processo interminabile e dopo tre gradi di giudizio l’assoluzione tanto attesa. Si conclude così la vicenda di un uomo di 53 anni, accusato di aver tentato di rubare 1 euro e 10 centesimi. La Cassazione ha però ribadito che questo processo non sarebbero dovuto neanche iniziare, da qui la rabbia dell’uomo.
E pensare che tutto questo è iniziato per il furto di alcune monete. L’uomo era stato condannato in primo e secondo grado, ma in terzo è stato assolto e scagionato da tutte le accuse a suo carico. Al centro della vicenda ci sarebbe un errore tecnico che avrebbe così invalidato il processo, da qui la gioia del cittadino italiano. Attendeva una cosa del genere da tempo, ora la notizia tanto attesa e sperata.
L’uomo era stato trovato mentre cercata di rubare alcune monete da un parchimetro presente in strada. A riportare la notizia è il quotidiano de Il Sole 24 Ore che ha fornito la spiegazione della vicenda a dir poco incredibile. Nonostante l’assenza di querela, però, l’uomo era stato accusato di furto aggravato. E proprio il furto commesso per un bene destinato a servizi pubblici avrebbe consentito in Cassazione di ribaltare la sentenza (ma non sarebbe l’unico motivo). L’imputato è stato intanto assolto dalle accuse che sono continuate per circa nove anni.
Secondo quanto riportato dall’accusa, infatti, il parchimetro non sarebbe stato indicato come bene pubblico, ma ciò non è stato mai scritto in maniera formale. Di fatto, quindi, i pubblici ministeri si sarebbero limitati ad evidenziare la condotta, non perseguibile però senza alcuna querela. A detta della Corte di Cassazione, inoltre, i pm avrebbero dovuto evidenziare la sottrazione di un bene di pubblico servizio, cosa però mai avvenuta. Nei precedenti gradi di giudizio si sarebbe data per scontato l’aggravante.
La Suprema Corte ha ribadito che il parchimetro non sarebbe fra quelle cose indicate come bene destinato al servizio pubblico. Proprio per questo, di conseguenza, è stato violato il diritto a difendere, da parte dell’imputato, durante il primo grado (e anche in Appello). Sentenza ribaltata e 53enne che può finire il calvario giudiziario durato ben nove anni.
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