Le difficoltà economiche di una grande fetta del paese potrebbero essere in parte risolte con l’aggiornamento dell’Assegno di Inclusione.
Nel 2024, l’Assegno di Inclusione ha sostituito il Reddito di Cittadinanza in Italia, segnando un cambiamento significativo nel panorama del welfare del paese. Questa nuova misura si distingue per la sua struttura e il suo approccio, modificando radicalmente i criteri di accesso e le modalità di fruizione rispetto al suo predecessore.
Ma ci sono novità che coinvolgono anche chi lavora, anche se è necessario conoscere bene la nuova normativa visto che è caratterizzata da clausole ben precise, che adesso andremo ad approfondire.
Una delle differenze principali tra l’Assegno di Inclusione e il Reddito di Cittadinanza riguarda i destinatari. L’Assegno è stato concepito per aiutare specifiche categorie di persone, escludendo i giovani adulti tra i 18 e i 59 anni, salvo alcune eccezioni. I beneficiari eleggibili includono:
– Anziani: persone di età superiore ai 60 anni.
– Minorenni: individui sotto i 18 anni.
– Persone con disabilità.
– Coloro che hanno carichi di cura: persone che devono prendersi cura di figli piccoli o persone con disabilità.
– Individui seguiti da servizi sociali o sanitari: per patologie o dipendenze.
Queste restrizioni mirano a concentrare le risorse su chi ha maggior bisogno di supporto, riducendo l’ampia platea di beneficiari del Reddito di Cittadinanza. Tuttavia il recente aggiornamento sull’Assegno di Inclusione abbraccia un’altra buona parte di cittadini, ossia anche coloro che hanno un lavoro. Ma attenzione, bisogna avere specifici requisiti.
Una delle critiche più frequenti rivolte al Reddito di Cittadinanza infatti, era che disincentivava il lavoro, contribuendo alla difficoltà di reperire personale in settori come il turismo e l’ospitalità. L’Assegno di Inclusione affronta questa problematica permettendo la cumulabilità con redditi da lavoro. Questo vuol dire che fino a un massimo di 3.000 euro di reddito lordo annuo, i beneficiari possono intraprendere attività lavorative senza che queste incidano sull’importo del sussidio. Questa novità rappresenta un cambiamento radicale, poiché in passato ogni euro guadagnato veniva sottratto dal sussidio, disincentivando molte persone dall’accettare offerte di lavoro.
Superando il limite di 3.000 euro di reddito lavorativo annuo, l’importo dell’Assegno di Inclusione inizia a ridursi. Il reddito totale influenzerà l’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) a partire dal 2026, poiché l’ISEE considera i redditi dei due anni precedenti. Pertanto, chi trova lavoro è obbligato a notificare le nuove condizioni economiche entro 30 giorni dall’inizio di un’attività subordinata, o il giorno prima per le attività autonome, tramite il modulo ADI/COM Esteso.
Il governo spera che, grazie a queste modifiche, si possa stimolare una maggiore partecipazione al mercato del lavoro, soprattutto nelle fasce più vulnerabili della popolazione, riducendo nel contempo la dipendenza dai sussidi statali.
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