L’anticipo del TFS per molti lavoratori si è rivelata una trappola: dopo 5 anni gli interessi sono più che quadruplicati.
Il Trattamento di Fine Servizio (TFS) è un’indennità economica che spetta ai dipendenti pubblici al momento della cessazione del rapporto di lavoro. Si tratta di una somma di denaro che viene corrisposta al lavoratore come forma di liquidazione, simile al Trattamento di Fine Rapporto (TFR) che riguarda invece i dipendenti del settore privato.
Nel 2019, l’ex ministra della Pubblica Amministrazione, Giulia Bongiorno, introdusse un’iniziativa volta ad agevolare i dipendenti pubblici prossimi alla pensione. Questa misura consentiva loro di ottenere in anticipo il Trattamento di Fine Servizio (TFS) tramite le banche, fino a un massimo di 45 mila euro, con un tasso di interesse inizialmente vantaggioso. Tuttavia, negli ultimi cinque anni, il contesto economico è cambiato significativamente, e ciò ha avuto un impatto considerevole sulle condizioni economiche di questi anticipi.
Nel 2019, il tasso di interesse offerto dalle banche per l’anticipo del TFS era appena superiore all’1%. Questo tasso era calcolato sulla base del rendistato, un parametro che indicava il rendimento medio dei titoli di Stato, a cui si aggiungeva uno spread fisso dello 0,5%. All’epoca, il rendistato era pari allo 0,898%, il che rendeva l’opzione dell’anticipo piuttosto conveniente per i lavoratori. Tuttavia, oggi, il rendistato ha superato il 3,6%, portando il tasso di interesse totale oltre il 4%. Per i prestiti più lunghi, il rendistato può salire al 4,2%, causando un tasso d’interesse complessivo del 4,7%. Di conseguenza, l’onere finanziario per i lavoratori è quadruplicato, passando da circa 500 euro di interessi a 1800-2150 euro su un anticipo di 45 mila euro.
Questo aumento dei costi ha avuto un impatto significativo sui dipendenti pubblici, che ora si trovano a dover pagare interessi molto più elevati per accedere anticipatamente ai propri risparmi. L’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), che inizialmente offriva un tasso agevolato dell’1%, ha esaurito le risorse destinate a questa misura, lasciando ai lavoratori l’unica opzione di rivolgersi alle banche, con le conseguenti implicazioni finanziarie.
Il Consiglio di Indirizzo e Vigilanza (CIV) dell’INPS ha recentemente messo in evidenza i problemi associati alla normativa che regola il TFS/TFR per i dipendenti pubblici. Nella sua Relazione di verifica sull’attività dell’INPS per il 2023, il CIV ha sottolineato che le difficoltà nel pagamento tempestivo del TFS/TFR sono in parte dovute a problematiche organizzative interne e a una normativa che necessita di revisione. La Corte Costituzionale, con una sentenza di giugno, ha dichiarato illegittima la normativa sul pagamento differito del TFS, suggerendo la necessità di modifiche legislative. Tuttavia, le proposte di legge avanzate finora sono state ostacolate dalla mancanza di coperture finanziarie, creando un impasse politico ed economico.
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