Prendersi per sempre una casa non propria. Quando si può fare davvero

Una casa può diventare nostra, legalmente. La Legge prevede di poterla acquisire definitivamente, a determinate condizioni.

Cosa dice la Legge

L’usucapione, disciplinato dagli articoli 1158 e seguenti del codice civile, configura una delle ipotesi di acquisto di un diritto su beni mobili o immobili a titolo originario. Per il suo compimento infatti, a differenza degli acquisti a titolo derivativo, non necessita della collaborazione o del consenso di chi era in precedenza titolare del diritto usucapito.

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Avere una casa di proprietà è il sogno di molti – Foto: Ecodibasilicata.it

L’istituto opera in modo diverso a seconda che il diritto usucapito abbia riguardo ad un bene immobile, mobile o mobile registrato. L’articolo 1158 del codice civile dispone che:“La proprietà dei beni immobili e gli altri diritti reali di godimento sui beni medesimi si acquistano in virtù del possesso continuato per venti anni.”

L’usucapione è dunque la modalità di acquisto di un diritto che si compie mediante il possesso continuo, pacifico, ininterrotto e manifesto. Tale possesso deve corrispondere all’esercizio del diritto reale in corso di usucapione. Deve protrarsi per un arco di tempo che varia in relazione al bene in corso di usucapione ed al tipo di usucapione (ordinaria o abbreviata). Il possesso non deve poi essere posto in essere in forza di mera tolleranza del titolare del diritto usucapito.

Condizioni essenziali

Ai fini dell’usucapione è necessario dare una sintetica definizione di “possesso“. Il possesso non è un diritto, ma è uno stato di fatto che corrisponde all’esercizio del diritto sul bene stesso. L’articolo 1140 lo definisce come “il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale”. La dottrina individua fondamentalmente con tre brocardi le caratteristiche fondamentali del possesso utile all’usucapione. Per l’usucapione sono necessari i seguenti requisiti:

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La legge aiuta a chiarire ogni dubbio – Foto: Ecodibasilicata.it

La prima è l’“animus possidendi” cioè la a volontà di possedere un bene come si fosse titolari del diritto di proprietà o dell’altro diritto corrispondente. La seconda è l’“animus rem sibi habendi” cioè la volontà di tenere un bene esercitando i poteri corrispondenti a quelli del titolare del diritto reale. La terza è il “corpus possessionis”. Questo è lo stato di fatto che si configura in modo tale da far apparire il possessore quale titolare del diritto reale corrispondente.

Una differenza importante

Il possesso differisce dalla mera detenzione proprio in virtù di queste sue caratteristiche. Il locatario o il comodatario, che detengano un bene in forza di un contratto di locazione o di comodato non avranno il possesso giuridico del bene oggetto del contratto pur avendone la materiale disponibilità. Saranno invece detentori. Sia il locatario che il comodatario infatti sono giuridicamente ben consapevoli della circostanza che la loro detenzione sia legata ad un contratto costitutivo di un diritto personale di godimento (locazione, comodato, affitto), e non ad un diritto reale (piena proprietà, usufrutto, servitù).

Il possesso utile ai fini dell’usucapione ordinaria non deve poi necessariamente essere acquistato in buona fede. Non è dunque necessario che il soggetto usucapente ignori di ledere il diritto altrui, ma è sufficiente ponga in essere una situazione possessoria in difetto di clandestinità e di violenza.

 

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